Notule
(A cura di
LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)
NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 01 dicembre 2018.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di
studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]
Nuovo modello delle modificazioni
patologiche precoci dell’Alzheimer in un primate. Il Chlorocebus pygerythrus è un cercopiteco originario
delle regioni orientali dell’Africa meridionale, poi introdotto in Florida,
nell’isola caraibica di Saint Christopher, nell’Isola dell’Ascensione e in
molte altre zone del mondo, dove è noto come vervet monkey, vervet o scimmia verde africana
per il colore verdastro del dorso. Latimer e
colleghi, considerando che i primati non umani costituiscono ottimi modelli
della deposizione sporadica di beta-amiloide associata all’invecchiamento e
della demenza neurodegenerativa alzheimeriana, hanno
verificato la possibilità che nel vervet si possano rilevare tutti gli elementi delle fasi
precoci della malattia di Alzheimer. A tale scopo, sono state studiate nove
femmine di mezza età (media di 11.2 anni) e nove anziane (media di 21.7) di
questa cercopitecina.
In particolare, si è proceduto alla misura della velocità del passo, all’esame
del liquor, allo studio morfologico
del cervello mediante metodiche di neuroimmagine con procedure equivalenti a
quelle impiegate nella diagnostica neurologica, e, infine, è stato eseguito l’esame
neuropatologico. Da queste indagini è emerso un insieme coordinato di rapporti
con gli elementi distintivi delle fasi precoci della patogenesi della malattia
di Alzheimer. Tale esito supporta e suggerisce il modello del Chlorocebus pygerythrus
quale riferimento nella ricerca su meccanismi, biomarker e strategie
terapeutiche degli stadi che precedono l’espressione clinica della demenza. [Latimer C. S., et al. Alzheimers Dement. AOP – doi: 10.1016/j.jalz.2018.06.3057, 2018].
Uso curioso di un’erba afrodisiaca
capace di agire su corteggiamento, accoppiamento e inseminazione. Eurycoma longifolia, per la sua efficacia nel
ridurre i tempi di latenza del corteggiamento e il successo nella copula in Aedes aegypti,
sarà impiegato per migliorare la competitività dei maschi sterili nei programmi
SIT (sterile insect
technology), finalizzati alla riduzione di
popolazioni delle perniciose zanzare della febbre gialla, di quattro tipi
virali della dengue, della Zika, della chikungunya,
ecc. [Cfr. Indian
J Med Res. 148 (3): 334-340, 2018].
Effetti di un nuovo partner su aromatasi cerebrale e comportamento sessuale
nella quaglia. I dati di uno studio sviluppato mediante sette esperimenti volti al fine
di determinare se modificazioni nella motivazione sessuale regolino acutamente
la sintesi di estrogeni cerebrali da parte dell’aromatasi nella quaglia, confermano che la copula o la vista
prolungata di una femmina riducono la motivazione sessuale nel maschio; ma, la
riattivazione della motivazione sessuale da parte di una nuova femmina, può
essere ottenuta se i maschi hanno solo visto l’altra femmina, senza accoppiarsi
con lei. Dunque, nella quaglia non si compie l’effetto Coolidge
come è stato descritto nei roditori. La sperimentazione ha anche dimostrato che
le variazioni dell’aromatasi
cerebrale non riflettono semplicemente cambiamenti della motivazione, ma
suggeriscono l’esistenza di meccanismi complessi ancora sconosciuti. [Cfr. Behav Brain Res
AOP- doi: 10.1016/j.bbr.2018.11.026, 2018].
Dall’ansia sociale alla possibilità
terapeutica di reti di relazioni basate su valori umani condivisi. La reazione ansiosa ed altre
risposte dovute all’attivazione dei sistemi neurofunzionali
dello stress, in occasioni e
circostanze di incontri, rapporti, interazioni o semplice avvicinamento ai
propri simili, sono comunemente comprese nella denominazione generica di “ansia
sociale”. Anche se queste manifestazioni sono in genere interpretate sulla base
di condizioni predisponenti neurobiologiche e di profili psicologici di
reazione, è utile e opportuno interrogarsi sulla natura degli eventi che
possono aver contribuito a determinare il potere evocativo delle circostanze.
Gli studi sul disturbo
post-traumatico da stress (PTSD) hanno indotto molti ricercatori ad
adottare quale chiave di lettura delle reazioni apparentemente patologiche alle
interazioni sociali il paradigma delle “piccole esperienze traumatiche”, ossia
di memoria di circostanze che sono state vissute come traumi da una persona. In
altre parole, così come eventi terrorizzanti o oggettivamente sconvolgenti
quali catastrofi naturali, incidenti aerei o ferroviari, eccidi e altre minacce
gravi per la vita e l’integrità della persona causano l’articolata e grave
sintomatologia del disturbo post-traumatico da stress, si ipotizza che cause meno eclatanti e apparentemente di
minore entità possano agire come traumi sul sistema nervoso centrale di alcune
persone in particolari circostanze.
In un incontro di partecipanti al nostro seminario permanente sull’Arte del
Vivere è stato posto l’accento sulle esperienze di interazione umana che costituiscono
potenziali traumi, contribuendo a causare un’anomala reattività a circostanze
sociali. La riflessione sul valore terapeutico di esperienze di relazione
positive, ha ricondotto la discussione nell’alveo degli incontri precedenti, ed
è poi stata sviluppata dal presidente in una relazione qui di seguito esposta
in sintesi:
“Come si è osservato altre volte, nelle esperienze di vissuto collettivo
attuale, sia vere sia simulate dalla rete di collegamenti per immagini, non vi
sono più fari di luce da seguire nell’attualità, come il pensiero dei filosofi
del passato sui quali si modellavano le coscienze; e l’emancipazione del mondo
occidentale dalla sbornia delle ideologie novecentesche consente di includere perfino
il fondamentalismo di culture diverse nella gamma delle possibilità che vanno
dalla costante adesione acefala ai contenuti contingenti della vita degli
altri, spesso per distrarsi dai propri, al disperato tentativo di costruire un
proprio sistema di pensiero intorno ad un argomento alla moda, nella forma di
un prodotto che consenta un ruolo attivo nel medium ambientale più pervasivo che si conosca: il mercato.
Quante volte si è sentito negli ultimi decenni affermare dai critici del
costume e dai “maestri di pensiero” che il valore delle idee nella temperie
attuale è determinato più dalla loro vendibilità che dai loro reali contenuti? E
ciò accade perché il vaglio del mercato impera, mentre è carente quello della
cultura; ossia, un vaglio che richiede conoscenza, saggezza e ponderazione, e
per il quale sarebbe auspicabile l’esercizio nell’ambito di un libero pensiero e
di una consapevole assunzione di responsabilità. Ma, accanto alla povertà dei
contenuti di pensiero e pensatori contemporanei, si continua ad assistere alla
demolizione degli edifici di sapere del passato attraverso operazioni di
frammentazione, abbandono, occultamento ed elezione ad oggetto di comunicazione
di piccole parti, giudicate idonee per operazioni di mercificazione o strumentalità
politica. La chiave per l’uso della ragione nel giudizio dei Greci, che erano
stati capaci di costruirvi intorno la concezione di quella forma di saggezza
chiamata phronesis,
era rappresentata dalla misura, la metis aurea di
Platone, assurta a simbolo di una civiltà e della sua eredità, che ha poi costituito
l’asse portante del pensiero moderno. Da Platone ad Hegel, e così nelle
ricadute inconsapevoli sul fondamento del buon senso nella diacronia popolare, il
giudizio di valore era conseguenza del paradigma stesso col quale l’intelletto
formulava e analizzava la concezione dell’essere e del tempo, dell’uomo, del
mondo e della vita.
Nell’esperienza presente esiste la
trama puerile del politically correct, ossia un esercizio di adesione a regole di
comunicazione propriamente attinenti alla forma,
che per molti finisce per essere tutto,
in una realtà in cui si è persa la sostanza, ovvero la dimensione in cui il
pensiero produce vita e la vita pensiero. I custodi di questo giudizio,
menzionato non a caso con le parole inglesi della sua definizione originale,
così come ci è giunto con la deontologia mediatica di oltreoceano, appartengono
allo stile superficiale imposto da necessità e priorità contingenti secondo il modus vivendi imperante. E la superficialità consiste in due aspetti
che si completano a vicenda: la temporaneità
e la parzialità di partecipazione del
soggetto.
Il giudizio del valore è specchio
dei tempi e, se i due grandi paradigmi culturali della nostra storia, ossia la
filosofia greca e la spiritualità ebraico-cristiana, ci hanno insegnato ad
impiegare la logica riportando ogni giudizio rispettivamente all’essenza
dell’uomo e alla parola di Dio, il tempo presente impone la semplice verifica di conformità ai format già predisposti per lo scambio, senza entrare nel merito dei contenuti.
E ciò deriva dall’imitazione del paradigma imperante politico-mediatico,
modellato sul ruolo di chi presiede una pubblica istituzione e, dichiarandosi garante
super partes
della libertà di ognuno, può trascurare tutte le grandi questioni che attengono
al senso della vita umana, lasciate alla cura delle organizzazioni di cittadini
(religiose, culturali, sociali, ecc.), tutte uguali davanti alla legge e
rispettate, purché rientrino nel format
di correttezza e siano sottomesse alla regola amministrativa che concepisce i
liberi cittadini come contribuenti, elettori e consumatori.
Se le generazioni che ci hanno preceduto hanno vissuto la minaccia all’uniformità
del senso, promossa da secoli di neoplatonismo cristiano, da parte di
neopaganesimo, secolarizzazione e nihilismo, la nostra vive le difficoltà di
gestione della multiformità e della frammentazione del senso, quale portato
della condizione post-moderna.
In effetti, numerosi studi hanno evidenziato l’esistenza di ampie fasce
della popolazione che vivono nella trama di occorrenze e necessità, senza
possedere una struttura interiore di valori da interpretare nella vita
quotidiana. Senza essersi posti il problema, costoro vivono di fatto la
reificazione di sé stessi, quali oggetti dell’organizzazione sociale, e ne
rimangono ignari, spesso tacitando ed indebolendo la coscienza con l’uso di
sostanze psicotrope ed altre pratiche compulsive che sostituiscono
l’espressione responsabile e creativa delle facoltà cognitive.
Tale modus vivendi logora le
coscienze, corrode la forza morale dell’essere, indebolendo la struttura
sociale del singolo sul quale si fonda la rete simbolica di valori vissuti che
costituisce la trama invisibile di solidarietà necessaria alla civiltà di un
popolo.
Rimane dunque una difficoltà del presente la costituzione di reti di
rapporti umani basate sulla condivisione di valori che possano fungere da
ambiente per un esercizio psicologico costruttivo, come si osservava a proposito
dell’esempio “laico” di Goethe (in “Notule” del 6-10-18) e cristiano di
Dostoevskij (in “Notule” del 13-10-18), i quali propongono realtà in cui il
valore della bellezza induce concezioni e comportamenti condivisi, secondo modi
che attualmente troverebbero approvazione in piccole minoranze culturali.
Oggi non si può fare altro che provare a ricostituire qualcosa di simile, e
il seminario sull’Arte del Vivere può essere un esempio in tal senso.
La riuscita è legata a quanto di ciò che si condivide si traduce in
materialità visibile e condivisibile, così da costituire un vero e proprio
ambiente di valori realizzati. Non è importante l’entità della rappresentazione
sociale o il riconoscimento istituzionale, ma la sincera partecipazione
affettiva di ciascuno. Infatti, la forza di una tale rete è nell’intensità del
vissuto del singolo, ossia nella realtà che ciascuno contribuisce a costituire
con l’energia spesa quotidianamente nell’attuare i valori in cui crede”.
Notule
BM&L-01 dicembre 2018
_____________________________________________________________________________________________________________________
La Società
Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society
of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle
Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice
fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.